Jan Brokken: il viaggiatore della narrazione
- Dindissima
- 16 set
- Tempo di lettura: 10 min
Jan Brokken: il viaggiatore della narrazione
Jan Brokken è uno degli autori olandesi più apprezzati della scena contemporanea, conosciuto per la capacità di intrecciare autobiografia, reportage, memoria e riflessione storica in una scrittura limpida e coinvolgente.
Vita e formazione
Nato nel 1949 a Leida, nei Paesi Bassi, Brokken è figlio di un pastore protestante e di un’insegnante. La sua infanzia fu segnata dall’esperienza coloniale della famiglia nelle Indie Orientali Olandesi, un ricordo che avrebbe alimentato la sua sensibilità verso i temi dello sradicamento, della migrazione e della memoria.Dopo gli studi in giornalismo e scienze politiche, ha lavorato come reporter e corrispondente, viaggiando a lungo in Africa, America Latina, Unione Sovietica e Caraibi. Queste esperienze hanno inciso profondamente sulla sua scrittura, dandole un respiro internazionale e un’attenzione particolare all’incontro tra culture.
Lo stile narrativo
La cifra stilistica di Brokken sta nella fusione tra letteratura e giornalismo. Nei suoi testi convivono:
La precisione del cronista, che osserva e documenta con rigore.
La sensibilità del romanziere, capace di restituire emozioni e atmosfere attraverso una prosa ricca ma essenziale.
L’occhio del viaggiatore, sempre aperto all’alterità, al dettaglio culturale e umano.
Il gusto per il racconto biografico, che esplora le vite di artisti, musicisti, scrittori e personaggi storici con empatia e profondità.
Un respiro cosmopolita, che unisce la sua identità europea a una costante ricerca di mondi lontani, raccontati senza stereotipi ma con curiosità sincera.
Il risultato è una narrativa che non appartiene a un solo genere: è memoria, reportage, indagine storica e racconto di viaggio allo stesso tempo. Brokken costruisce ponti tra passato e presente, tra luoghi e persone, trasformando ogni libro in un viaggio intellettuale ed emotivo.
Qui di seguito le sue opere in ordine di uscita (in Italia)

La casa del pianista
La sera del 30 gennaio 1980 Jan Brokken rimane folgorato da un concerto: tutti gli studi di Chopin interpretati da Youri Egorov, astro nascente del pianoforte. Dalle prime battute riconosce in lui il talento che ogni giorno sente esercitarsi nella casa vicina. Diventato amico intimo, testimone diretto della sua avventura artistica ed esistenziale, bruciata in soli trentatré anni, Brokken racconta il grande pianista, emblema del genio sregolato, dell'esule dall'Unione Sovietica che trova la fama nel libero Occidente ma mai le radici, del diverso in lotta con un perenne senso di solitudine. Omosessuale perseguitato dal KGB e assetato di libertà, poi profugo in un campo italiano, Youri si immerge ventiduenne nella vivace bohème di Amsterdam, su cui incombe ancora sconosciuta l'ombra letale dell'aids. Il successo non si fa attendere, dalle frenetiche tournée mondiali fino alla consacrazione accanto ai più acclamati cantanti e direttori d'orchestra. Ma sotto il brillante talento cova la fragilità dell'uomo, la nostalgia della patria e degli affetti per sempre perduti. Youri si aggrappa alla stretta cerchia di amici che orbita intorno alla sua casa di Amsterdam, una calorosa "famiglia" di creativi e musicofili che lo sentiranno suonare fino alle ultime, tragiche note. Primi fra tutti l'architetto Jan Brouwer e la "principessa" Tatjana, lui tenero compagno di vita e lei speciale compagna dell'anima, su cui Youri riversa tutto il suo amore disperato per la Madre Russia. Con delicatezza e toccante umanità, Brokken racconta la storia di un artista, di una vita, di un'amicizia, di un'intera epoca, sulle note di un appassionato inno alla musica.

Anime baltiche
Mark Rothko, Hannah Arendt, Romain Gary, Gidon Kremer. C'è un legame sotterraneo tra alcuni grandi nomi della cultura mondiale: i paesi baltici dove sono nati e la cui anima li ha accompagnati nella fuga oltre confine. È sulle tracce di quest'anima che Jan Brokken attraversa Lettonia, Lituania ed Estonia ricostruendo le vite straordinarie di personaggi celebri e persone comuni, per riscoprire la vitalità di una terra da sempre invasa e contesa, dove la violenza della Storia è stata combattuta con l'arte, la poesia e la musica. Tra i palazzi Jugendstil di Riga e le mura di Tallinn, tra i vicoli ebraici di Vilnius, i castelli della Curlandia e la Königsberg di Kant, oggi Kaliningrad, rivivono i film di Ejzenštejn, che si unì ai bolscevichi contro il padre zarista per ritrovarsi come lui chiuso in un'ossessione di grandezza; le mille vite di Romain Gary, che nella letteratura trovò rifugio dai campi nazisti senza mai riuscire a perdonarsi di essere un sopravvissuto; quella frattura che attraversa tutte le tele di Rothko, strappato dai rossi tramonti della sua Daugavpils; ma anche la Rivoluzione cantata della giovane Loreta contro i carri armati sovietici, o la segreta diaspora dei baroni baltici, tra cui la moglie di Tomasi di Lampedusa, prima psicanalista donna in Italia. Passato e presente si richiamano come in una sinfonia in cui ogni dettaglio racconta una passione, un'illusione infranta, o una profonda nostalgia. Viaggio in un cruciale ma dimenticato pezzo d'Europa, Anime baltiche lascia il segno di un grande romanzo per capire il XX secolo, perché "viaggiare, insieme a leggere e ascoltare, è la via più breve per arrivare a se stessi".

Il giardino dei cosacchi
San Pietroburgo 1849, Fëdor Dostoevskij è davanti al plotone d’esecuzione, accusato di un complotto contro lo zar. Solo all’ultimo secondo viene risparmiato dalla morte e deportato in Siberia. Il ventenne Alexander von Wrangel, barone russo di origini baltiche, ricorda bene la scena quando qualche anno dopo è nominato procuratore della città kazaca dove Fëdor sta ancora scontando la pena, nella logorante attesa della grazia. Due spiriti affini, uniti dal fervore etico e intellettuale e innamorati perdutamente di due donne sposate: il giovane baltico della femme fatale Katja, e Dostoevskij della fragile ed eternamente infelice Marija. Confidenti, complici e compagni di sventura, Fëdor e Alexander si aggrappano uno all’altro come a un’ancora di salvezza nella desolazione siberiana, riuscendo a ritagliarsi un rifugio nel «Giardino dei cosacchi», vecchia dacia in mezzo alla steppa che diventa un’oasi di pensiero e poesia nella corruzione dell’Impero. In un appassionante romanzo «russo» basato su documenti, memorie e lettere giunte fino a noi, Brokken racconta un’amicizia che si intreccia alla storia politica e letteraria di un paese e attraverso la voce del barone Von Wrangel ricompone un ritratto intimo del grande autore ottocentesco. Un uomo «esiliato, tormentato, umiliato e risorto con le sue ultime forze», che vive la scrittura come una necessità febbrile e un’ossessiva indagine sul lato oscuro dell’animo umano, in perenne lotta con i debiti, la malattia e una vita estrema in cui riecheggiano tanti motivi dei suoi capolavori letterari.

Bagliori a San Pietroburgo
«A ogni passo in questa città mi viene in mente un libro o mi risuona in testa una musica. È una scoperta continua.» È il 1975 quando Jan Brokken rimane folgorato da San Pietroburgo, l'allora Leningrado, patria splendente e malinconica di poeti e dissidenti, folli e geni, disperati e amanti, culla della ribellione agli zar e poi al regime sovietico in nome della libertà dell'arte e dello spirito. In occasione del centenario della Rivoluzione d'Ottobre, Brokken ci accompagna nelle sue passeggiate fra presente e passato attraverso strade, teatri, case e musei sulle tracce dei personaggi che hanno reso Pietroburgo una capitale mitica della cultura europea. Un viaggio che parte dalla raffinatissima Anna Achmatova, che sembra quasi personificare l'elegante fierezza di questa città, per proseguire con l'avventura umana e poetica di Dostoevskij, Gogol', Solženicyn; i radicali Stravinskij e Malevic e i tormentati Cajkovskij e Šostakovic; gli espatriati Brodskij, Rachmaninov e Nabokov e l'inquieto Esenin, il «Rimbaud russo» che conquistò Isadora Duncan; il principe dandy Jusupov, che assassinò Rasputin e fuggì a Parigi con un Rembrandt sottobraccio, e la pianista Marija Judina, che seppur ebrea e dissidente ottenne con la sua musica l'eterno favore di Stalin. In una sinfonia di ricordi, citazioni e frammenti di vita, Brokken compone un ritratto impressionista della città della nostalgia e del confronto tra l'arte e il potere, dove Mandel'štam ebbe a dire: «Solo da noi hanno rispetto per la poesia, visto che uccidono in suo nome.»

Jungle Rudy
Per decenni il suo nome fa il giro del mondo come una leggenda: Jungle Rudy, il pioniere che vive tra gli indios del Venezuela ascoltando Mozart e ospitando Werner Herzog, il primo ad aver esplorato quel «mondo perduto» a sud dell’Orinoco che ispirò la fantasia di Conan Doyle. Affascinato dal personaggio e dalla sua aura di mistero, Jan Brokken si mette in viaggio per ricostruire la vera storia di Rudolf Truffino, avventuriero olandese di origini italiane. Approdato nella Caracas ricca di petroldollari degli anni Cinquanta, Rudy trova il suo eden nella Gran Sabana, lo sconfinato altopiano nel sudest del paese dove torreggiano i tepui, solitarie montagne a cima piatta con cascate e canyon mozzafiato e specie endemiche uniche al mondo. Una terra selvaggia e ancora sconosciuta se non per il resoconto che ne diede Humboldt nell’800, da sempre avvolta nel mito e meta di spericolate corse all’oro – come quella che negli anni Trenta portò un bush pilot a scoprire il Salto Angel. Imparato ogni segreto della giungla vivendo con le tribù pemón, Rudy dedica la vita a mappare la regione e a rivelarla al mondo, aprirvi le prime vie d’accesso e guidare preziose spedizioni scientifiche, finché i suoi piani non si scontrano con gli interessi dello Stato. Rintracciando fonti e testimonianze dirette di famigliari e compagni di avventure, rievocando imprese epiche e missioni adrenaliniche, Brokken compone l’incalzante ritratto di un eroe visionario con il fascino di un Fitzcarraldo, colto e selvatico, passionale e misantropo, che con l’egoismo inconsapevole degli idealisti cresce le tre figlie nell’isolamento della Gran Sabana, e finisce per pagare i suoi sogni con un’incompresa solitudine.

I giusti
In una sinfonia di ricordi, documenti e frammenti di vita, Jan Brokken compone con magistrale equilibrio il ritratto di un eroe dimenticato dalla Storia che, al pari di Oskar Schindler, Raoul Wallenberg e Giorgio Perlasca, ha trovato il coraggio di opporsi alla brutalità del Nazismo.
1940. L’Europa è sconvolta dal Secondo conflitto mondiale, centinaia di migliaia di ebrei cercano riparo dalla furia nazista nei pochi paesi ancora neutrali. Quando l’Unione Sovietica invade la Lituania, i profughi che vi avevano trovato asilo non hanno più scampo e si radunano in massa ai cancelli dei vari consolati, nella speranza di ottenere un visto. In quell’anno, l’olandese Jan Zwartendijk, direttore della filiale Philips in Lituania, viene nominato console onorario a Kaunas, capitale del Paese. Cosa significava esattamente per un uomo d’affari diventare console onorario? «Quasi nulla», gli fu detto. «Forse ti capiterà di firmare qualche pezzo di carta.» Ma se migliaia di ebrei trovarono la salvezza fu proprio grazie a lui che firmò senza riserve i visti per il loro espatrio e garantì l’apertura dell’ultima rotta verso la libertà: la Transiberiana fino al Giappone, e poi Curaçao, isola olandese nel mar dei Caraibi. Rintracciando con minuziosa dedizione fonti e testimonianze dirette dei famigliari dei sopravvissuti, Jan Brokken racconta nel dettaglio una delle operazioni di salvataggio più straordinarie della Storia, ricostruendo con una prosa incalzante e magnetica i dieci giorni che Jan Zwartendijk ebbe a disposizione per mettere al sicuro il maggior numero di vite. Dieci giorni e dieci notti di febbrile attività per portare a termine una missione caduta poi in un ingiustificato oblio, ma che garantì la libertà a più di ottomila ebrei. Nel 1997, Jan Zwartendijk è stato insignito postumo del titolo onorifico di «Giusto tra le Nazioni».

L'anima delle città
Bibliofilo, esploratore, flâneur, viaggiatore curioso, esteta, fine osservatore e paziente ascoltatore, Jan Brokken ha dedicato la vita a inseguire le sue passioni: l'arte, la poesia, la musica, l'architettura. Ma soprattutto è uno scrittore che ha messo il suo prodigioso talento ritrattistico al servizio dei grandi uomini e delle grandi donne che di queste arti sono stati i massimi interpreti, nel Novecento e non solo. In un viaggio attraverso il tempo e i continenti, Brokken accompagna il lettore incontrando le strade, le case, i paesaggi e le persone che li hanno ispirati. La Bologna di Giorgio Morandi, Bergamo dove nacque e morì Gaetano Donizetti, la Düsseldorf dell'artista Joseph Beuys, la Parigi dove Erik Satie si incontrava con Picasso, Djagilev e Cocteau. E poi Amsterdam così cara a Gustav Mahler, San Pietroburgo per ripercorrere la tormentata vicenda musicale di Šostakovič, fino a Cagliari alla scoperta di Eva Mameli Calvino – la madre di Italo – illustre naturalista e prima donna a dirigere un Giardino botanico in Italia. Una raccolta di brevi storie, tra il reportage e l'acquerello, che ci fanno comprendere il legame indissolubile tra la creazione e il luogo dove si origina e insieme tratteggiano il percorso di formazione artistica e umana di grandi personaggi. È sempre da un particolare, da un dettaglio spesso sfuggito ai biografi, dall'osservazione di uno scorcio, che Brokken riesce a creare un itinerario inconsueto attraverso strade già battute perché il viaggio – come scrive Brokken citando Proust – non sta «nel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi».

La suite di Java
È il 1935 quando Olga, poco più che ventenne, arriva in Indonesia, allora colonia olandese. Insieme al marito Han trascorre dieci anni tra Giava e Sulawesi e torna nei Paesi Bassi solo dopo la Seconda guerra mondiale, con due figli al seguito. Nel 1949 darà alla luce lo scrittore Jan Brokken. Gli anni della madre a Giava sono sempre rimasti avvolti nel silenzio, ma la storia torna a incuriosirlo quando, ormai adulto, un mattino di tarda estate rimane folgorato da una sonata per pianoforte ascoltata alla radio, "I giardini di Buitenzorg", dalla Suite di Giava di Leopol'd Godovskij. Buitenzorg, oggi Bogor: la città in cui Olga ha vissuto, nei cui giardini ha passeggiato accompagnata dal fruscio delle palme. Chi era Olga prima di diventare sua madre? E chi era Godovskij? Grazie alle lettere ereditate dalla zia, Jan Brokken ricostruisce la storia intima di una donna curiosa e infaticabile, che ha imparato la lingua makassar e insegnato alle giavanesi a usare la macchina per cucire, ha conosciuto il dolore della perdita di un figlio ed è sopravvissuta alla prigionia in un campo giapponese. E accanto alla vita di Olga scopre quella di Godovskij, «anima baltica» che dalla Lituania viaggia per l'Europa e l'America impressionando con il suo talento di virtuoso del pianoforte, per poi innamorarsi dell'Indonesia. Nell'intrico di culture e fedi dell'arcipelago asiatico, tra i ritmi delle danze di Borobudur e i suoni del gamelan, Jan Brokken disvela le storie di scrittori e compositori, da Hella Haasse a Paul Seelig, che hanno guardato al mondo intorno a loro senza l'avidità predatoria del colonizzatore, ma con la curiosità e l'apertura del viaggiatore. Proprio come Olga.

La scoperta dell’Olanda
L’insegna dell’Hotel Spaander, nel pittoresco villaggio costiero di Volendam, vicino ad Amsterdam, è il dipinto di un uomo sorridente con una mano sporca di tempera blu e la scritta: «Benvenuto, artista.» Fondato nel 1881 da un visionario votato all’arte, l’albergo ha ospitato per oltre un secolo centinaia di pittori e scultori, diventando un vivace centro di confronto, creazione e sperimentazione di stili e universi estetici, crocevia di vite vagabonde, radicalismi politici e passioni inquiete, angolo preservato dal clamore delle grandi capitali e protetto in un’Europa dilaniata dalle guerre. A Jan Brokken basta una visita per rimanere affascinato dalla ricchezza di storie e curiosità di questo luogo d’eccezione dell’arte moderna, che ha attirato Picasso, Kandinskij, Signac, Joseph Beuys, così come Proust che qui trovò ispirazione per un’eroina della sua Recherche. Una colonia internazionale libera e aperta dove l’americana Elizabeth Nourse e molte altre artiste, regolarmente escluse dai coevi circoli parigini, venivano accolte e trattate da pari a pari dai colleghi uomini. Con la sua capacità di rivelare gemme nascoste del Novecento europeo attraverso percorsi poetici e romanzeschi, Brokken ci accompagna alla scoperta di ciò che tanti talenti da tutto il mondo hanno inseguito e cercato di catturare sulla tela a Volendam, spesso ingaggiando sfide senza fine: la luce unica dell’Olanda, con i suoi vasti cieli mutevoli che in ogni scorcio si specchiano nell’acqua; i colori, i silenzi, i volti rosi dalla salsedine dei pescatori e la grazia di semplici gesti femminili; i riti antichi di una comunità di mare in cui sembra farsi più intensa ogni esperienza umana.
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